Il settore culturale è stato tra i più danneggiati a causa dei periodi di lockdown: la crisi economica da esso derivata ha inciso, così, sul mondo del teatro.

Se da un lato le restrizioni hanno limitato e, in molti casi annullato, molteplici spettacoli teatrali, dall’altro si è verificata una spinta al rinnovamento. Il teatro, infatti, ha provato a reinventarsi attraverso l’uso di piattaforme online e nuove tecnologie varcando nuove frontiere poco esplorate: il teatro immersivo, così, ha sperimentato la realtà virtuale e la realtà aumentata.

Per teatro immersivo si intende una tipologia di spettacolo in cui attori e spettatori vivono lo stesso spazio fisico, creando straordinarie connessioni che abbattono la quarta parete.

Cosa determina questo tipo di approccio? In primis la possibilità del fruitore dell’arte di divenire egli stesso parte integrante della messa in scena, in secondo luogo la capacità di costruire uno spettacolo che sia più “personale”.

La realtà virtuale (VR) e la realtà aumentata (AR), così, hanno offerto una marcia in più a questo nuovo modo di fare cultura teatrale.

Tra i protagonisti di questa innovazione a livello mondiale, già preesistenti al periodo pandemico, si può annoverare il National Theatre di Londra, che si è distinto, nel 2016, per la rappresentazione del musical in VR di Damon Albarn, denominato “Wonder.land”. Si trattava di un adattamento dell’opera di Lewis Carroll, Alice in Wonderland, realizzato servendosi sia di attori reali sia del supporto di realtà virtuale e aumentata.

Un altro spettacolo è stato, poi, portato in scena nel 2019: All Kinds of Limbo di Raffy Bushman e Nubiya Brandon, ovvero una performance immersiva prodotta grazie alle tecnologie di VR e ad ologrammi.

Un’esperienza simile, ma maggiormente connessa al mondo del gaming, è quella di “The Under Present”, il videogioco, rilasciato nel 2019, che consentiva di assistere a una performance dal vivo da parte di alcuni attori. Questo era strutturato in più parti, una delle quali appunto utilizzava la realtà virtuale per dare vita a delle esibizioni della durata di circa quaranta minuti: i giocatori collegati in rete (per un massimo di otto per ogni attore) potevano assistere a uno spettacolo dal vivo che ripercorreva le scene dell’opera di Shakespeare, da cui questa parte del videogioco prendeva il nome, The Tempest.

Insomma il teatro immersivo ha compiuto un ulteriore passo grazie al digitale, permettendo di annullare non solo la quarta parete, di cui si è parlato in precedenza, ma anche di svincolarsi da uno spazio fisico e proiettarsi direttamente nel digitale.

Ciò inevitabilmente, però, spingerà gli attori a reinventarsi e a migliorare sempre più le proprie performance, dal momento che si troveranno di volta in volta ad affrontare qualsiasi tipo di pubblico e, dunque, a dover far eccellere la propria abilità di improvvisazione.

In conclusione il successo di queste nuove forme teatrali è stato di certo dovuto, o almeno in gran parte, alle chiusure che hanno costretto tante persone a ricercare nuove modalità di intrattenimento da sperimentare direttamente a casa propria.

Il teatro immersivo, così, insieme a diverse altre esperienze digitali del mondo culturale, ha raggiunto un pubblico probabilmente più vasto di quello che abitualmente sedeva di fronte ad un palcoscenico. A nostro modo di vedere, si può considerare un esperimento innovativo ed interessante che potrebbe portare in futuro ad un arricchimento, non certo ad una sostituzione, rispetto alla magia che solo il teatro “tradizionale” sa regalare.

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