Verso il Museo aumentato

Un museo a cielo aperto, originato dalla coprogettazione di artisti e cittadini e che si avvale della realtà aumentata. È questa un’istantanea dal 2019 che cristallizza il particolare momento storico che stanno vivendo i musei in termini di sfide e rivoluzioni offerte dalla nostra contemporaneità.

Facciamo un passo indietro per rinfrescarci la memoria sulle tappe che hanno portato alla rivoluzione di oggi.

È il III secolo a.C. e il faraone Tolomeo Filadelfo ordina la costruzione ad Alessandria d’Egitto di un grande edificio, il Mouséion, annesso ad una biblioteca e ad un osservatorio astronomico. È un luogo dedicato a studiosi e artisti per lo studio, la ricerca e la discussione. Mouséion, “il luogo delle Muse”, le divinità protettrici delle arti, figlie di Zeus re del pantheon e Mnemosine dea della memoria.

Ora rileggiamo la definizione più recente rilasciata a valere per la parola “museo” dall’ICOM nel 2007: “istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali ed immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e specificatamente le espone per scopi di studio, istruzione e diletto”.

Cosa balza all’occhio?

La concezione di museo descritta nella definizione del 2007 è figlia delle acquisizioni della rivoluzione francese del XVIII secolo, quando nasce fisicamente e concettualmente il museo moderno. La grande innovazione della rivoluzione francese è l’inserimento del pubblico, inteso come collettività, quale destinatario e proprietario delle opere d’arte (e non solo) appartenenti in precedenza a re e nobiltà.

Con la definizione del 2007, il museo è chiamato a svolgere un ruolo di servizio alla società e di apertura al pubblico.

Milano, Conferenza Generale ICOM del 2016: a distanza di poco meno di dieci anni dal rilascio della attuale descrizione del termine museo, ICOM avverte un’esigenza di aggiornamento da proporre alla Conferenza Generale del prossimo 2019 a Kyoto.

Perché? Cosa è cambiato nella società da avvertire una tale esigenza?

È Jette Sandahl, a capo della commissione di ICOM per la ridefinizione di museo a spiegarne le ragioni in questo video.

Sembra incredibile ma la descrizione di museo si accinge a vivere, oggi, la più grande trasformazione dai tempi della Rivoluzione francese. Democrazia culturale, aspettative dei pubblici, coproduzione di senso, relazione, scambio, condivisione, engagement: sono solo alcuni tra i concetti che modificano il paradigma e inducono gli operatori ad una riflessione di fondo. Al museo del 2020, mobile entro la società liquida, è chiesto di rapportarsi alla necessità di scambiare valore con i pubblici, reinterrogando i meccanismi di partecipazione e fruizione.

 

In questo contesto, come si colloca la rivoluzione digitale?

Pensiamo, ad esempio, alle implicazioni del ricorso alla realtà aumentata nei musei.

Nel mondo esistono musei che consentono di vedere e rivivere il passato, come l’Archeological Park Carnuntum, in Austria, dove è possibile, grazie all’allestimento e al ricorso alla realtà aumentata, respirare l’atmosfera di un insediamento romano di provincia.

E ora proviamo a pensare alla sua declinazione presso un sito archeologico nostrano, periferico ma dalle grandi potenzialità e ancora, purtroppo, sconosciuto al grande pubblico, come Alba Fucens in Abruzzo.

Alba Fucens Abruzzo
Credits: Metropolitan Magazine

Esistono musei come il CoCA di Seattle che rilasciano un nuovo modello di catalogo cartaceo ispirato ai libri pop-up, ove grazie alla realtà aumentata sviluppata da 3D artists è possibile accedere a contenuti extra.

Ora proviamo a pensare a Leonardo, alle sue invenzioni, ai suoi dipinti e al catalogo che potrebbe essere prodotto, seguendo il modello del CoCA, per le celebrazioni di quest’anno.

gioconda realtà aumentata

Esistono musei che consentono ai visitatori di trovarsi a tu per tu con i dinosauri, come lo Smithsonian Museum of Natural History di Washington DC che, attraverso una appassionante ricostruzione in realtà aumentata, unisce nel divertimento preistorico l’ingaggio di grandi e piccini.

E ora pensiamo a cosa potremmo inventarci ad esempio a Bolzano, al museo di Ötzi, l’uomo dei ghiacci.

 AFP PHOTO / Andrea Solero (Photo credit should read Andrea Solero/AFP/Getty Images)

Per ciascuno dei casi citati possiamo parlare di effetto wow, inteso come la capacità di un museo di meravigliare, attraverso il ricorso alla tecnologia, e attivare un meccanismo educativo di ingaggio per far vivere un’esperienza di visita in grado di soddisfare la naturale curiosità insita nell’essere umano. È questa un’altra grande sfida del museo contemporaneo.

Tornando all’inizio e alla definizione di museo: l’esigenza di aprirsi ai pubblici sta vivendo una naturale declinazione nei cosiddetti “museo a cielo aperto”, una peculiarità del nostro periodo che ha indotto alcuni curatori a considerare una forma d’espressione di oggi giorno: l’arte urbana.

I “musei a cielo aperto” sono la risposta alla necessità dell’arte di relazionarsi con nuovi spazi e nuovi pubblici, generare un processo di co-produzione, scambio, relazione e condivisione. In essi gli artisti sono invitati dai curatori a dialogare con la città, i suoi abitanti e un pubblico in perenne movimento e in continuo mutamento.

Oltre al noto progetto Big City Life, allestito nel quartiere di Tormarancia a Roma, un caso recente merita due parole: si tratta del MAUA – Museo di Arte Urbana Aumentata.

Le sue peculiarità: il MAUA è, come Big City Life, un museo diffuso nei quartieri periferici della città. A differenza di BCL, MAUA interessa due città Torino e Milano (e chissà in un prossimo futuro a quali altri centri si potrà estendere). Si tratta di un percorso urbano che consente di visitare alcune opere murali in relazione alle modalità di fruizione: quella contemplativa, classica, dei murales e quella di ingaggio, originata dal ricorso alla realtà aumentata. Infatti, inquadrando le opere parietali del MAUA con uno smartphone esse prendono vita, trasformandosi in opere di digital art. Reinterpretare l’arte per dischiudere nuovi significati, interrogare forme diverse di fruizione, ingaggiare l’audience.

Se i processi di apertura verso il pubblico e di coprogettazione con la cittadinanza già avviati da BCL erano una piccola rivoluzione, le innovazioni tecnologiche e di processo introdotte dal MAUA ben spiegano i motivi per i quali ICOM ha deciso di riscrivere la definizione di Museo.

 

Rendere visibile l’invisibile: non è forse questo il luogo più appropriato per trovare le Muse e aumentare la loro capacità d’ispirazione?

Articolo a cura di Davide Boselli

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